Riccardo Foresi: La musica è il mio mestiere
Riccardo Foresi ha esordito come trombettista collezionando collaborazioni importanti e concerti su palchi prestigiosi, ma la musica non si è accontentata del successo ottenuto con lo strumento a fiato: la voce di Riccardo è diventata protagonista, prima come interprete e oggi come cantautore. Un’evoluzione, la sua, che corrisponde ad una crescita personale con la quale liberarsi delle paure. Con il nuovo singolo Paura di me, esce, finalmente allo scoperto: per lui, una nuova vita artistica e cantautoriale, trovando il coraggio di “spiccare il volo” e realizzare il desiderio di sempre, di scrivere e cantare le proprie canzoni. Un brano intimo, una sorta di “outing” dove dichiara fragilità e paure mai affrontate e che, in un momento difficile, diventano la vera sfida con sé stesso. Oggi Riccardo si racconta per noi, confidandoci i suoi progetti e soprattutto come sia importante accettare i propri limiti trasformarli in opportunità di crescita.
Sei molto conosciuto come trombettista e come interprete, ma oggi scrivi i tuoi testi. Cosa è successo, quale è stata la causa scatenante?
Ho avvertito dei forti limiti, non mi bastava più essere interprete pop. Paura di Me ha segnato davvero la mia entrata nel gioco vero, quello che avevo sognato. L’ho scritta nelle quattro settimane in cui sono stato in quarantena con due dei miei tre figli, perché positivi al covid. Un tempo strano che mi ha messo di fronte ad una situazione “obbligata” che ho sentito di dover vivere al meglio, anche per loro. Ho condiviso con Matthew e Nycholas di undici e nove anni, la nascita di questa canzone, trasformandola in opportunità di incontro e riflessione. Un’esperienza che ci ha legati ancora di più rendendo questa canzone, cresciuta tra quattro mura nel confronto con loro, speciale. Il mio mostro era proprio quella paura che mi incatenava, che m’impediva di volare. Ho mostrato loro come si deve affrontare la paura, senza nascondere, tuttavia, le mie peculiarità. Un padre non è necessariamente un supereroe, ma un uomo che affronta i propri limiti, accettandoli e trasformandoli in possibilità. Ho voluto insegnare loro la comprensione e l’accettazione dei propri limiti e quelli altrui.
In che modo la musica è entrata nella tua vita?
Ho sempre avuto voglia di ascoltare canzoni e di cimentarmi col canto. Mio padre, ha rifondato la banda musicale del paese, dove ha suonato tutta la mia famiglia, proprio l’anno della mia nascita. Era stata chiusa e lui ha voluto riaprirla. Da bambino ero un discolo e ne combinavo di tutti i colori, ma quando passava la banda, rimanevo ipnotizzato: ero attratto magicamente e sognavo di farne parte. Lì ho mosso i primi passi, innamorandomi della tromba, che è il mio strumento, diplomandomi poi, al Conservatorio, giovanissimo. Questa è stata per me un’opportunità importante per crescere frequentando una scuola che mi metteva a confronto con ragazzi più grandi. Una grande sfida e lo stimolo a migliorarmi: come giocare in una lega più alta. Sette anni di studi, in un’età in cui si occupa il tempo libero, giocando. Mi sentivo diverso e abitando in un piccolo paese, per frequentare il Conservatorio, mia mamma mi veniva a prendere e uscivo da scuola un’ora prima. La mia vita era tutta incentrata su quello e i miei hanno fatto davvero un investimento grande, che ho sempre voluto onorare con impegno.
Con la tromba hai all’attivo una carriera degna di nota, ma ad un certo punto è diventata la tua voce la vera protagonista. Come si è evoluta la tua passione?
La tromba e il canto non sono così distanti come si potrebbe pensare, infatti, c’è una forte connessione nella respirazione per il canto e per lo strumento a fiato. La voce e la tromba vibrano in noi e il suono della tromba amplifica quello che arriva da dentro. Sono le vibrazioni delle labbra, a emettere il suono e, per questo, è uno strumento intimo. La tromba e la voce sono antagonisti alla mia personalità: la tromba solitamente è solista come l’interprete. Entrambi contrastano la mia “paura di me”, la mia insicurezza. Se avessi scelto il violino, avrei potuto sperare puoi sperare di essere nella fila dei violini e nascondermi un po’ di più, mentre con la tromba, inconsciamente, ho cercato di superare la mia timidezza. Il timore di perdere tutto in questi due anni, mi ha spronato a portare a termine quello che sentivo essere il mio destino: dalle cover, che era come stare in seconda fila col violino, a scrivere i testi delle mie canzoni è stato come alzare l’asticella, avendo il coraggio di dire la mia. In questo percorso è stato fondamentale l’incontro con Angelo Funari col quale ho capito di “funzionare” e che le nostre idee potevano diventare realtà. Dopo Il mio Paradiso e Direzione New York, è arrivato Paura di me, il vero giro di boa, l’alfa.
Oggi che rapporto hai con la tromba?
Nei miei spettacoli la suono sempre e non mancano mai gli assoli. Ad un certo punto, nonostante la sua importanza per me, ho sentito di dover dare la precedenza al canto. È come voler fare a livello agonistico due sport, è impossibile. È parte di me, nella mia famiglia lo strumento a fiato è una costante. Per qualche anno l’ho abbandonata del tutto, poi l’ho ripresa. Ha un ruolo particolare, mi aiuta a ritrovarmi. Mi appartiene e mi rappresenta: è una grande parte della mia identità. A volte suonarla è come mettere da parte un po’ di sensi di colpa, che non dovrei avere, ma che ho. In ogni caso permea e anima il mio canto, imprescindibile. La voce è uno strumento e va utilizzato nel modo più giusto. La voce deve essere libera e riuscire a comunicare, serve studio, applicazione. Gli anni di Conservatorio sono stati formativi e fondanti per la mia attuale professione. Utilizzo la mia voce con la stessa attenzione con cui suono il mio strumento.
Quali sono i tuoi progetti?
Nel mese di luglio uscirà un altro singolo, del quale ho voluto girare il video al mio paese, con la mia gente, con poche persone e con ancora tutti gli accorgimenti del caso. È stata una bellissima esperienza, un fermo immagine per fissare un momento importante per tutti noi. Bellissimo ritrovare le mie persone, risentire cantare le mie canzoni, mi ha commosso. Manca poco e non vedo l’ora di condividerlo con tutti voi.